Roma Campione, quel Roma-Parma che valse uno scudetto, dopo una settimana di timori e polemiche

Roma Campione. 17 giugno 2001, Stadio Olimpico di Roma, il giorno del terzo scudetto della Roma. Abbiamo davanti agli occhi i tre goal, lo stadio stracolmo totalmente imbandierato, il ricordo di una giornata indimenticabile. Ma quella dal 10 al 17 giugno del 2001 fu una settimana difficile, ad un passo dal trionfo.
La paura di vincere c’era anche allora, nonostante fossimo coscienti della nostra forza. Di fronte c’era il Parma, con tanti ex Lazio in campo, e in settimana il “tam tam” delle radio dei “cugini” aveva richiamato alle “armi” i vari ex, Almeyda in primis.
La Roma aveva stra-dominato quel campionato, ma la stanchezza, soprattutto mentale, aveva cominciato a farsi sentire già da diverse settimane, per la precisione da dopo Juventus-Roma, con quel pareggio di Montella “acciuffato” allo scadere.
Forse a quel punto pensavamo di aver fatto il “nostro“, e in parte era vero vista l’importanza di quel risultato, ma c’erano ancora 5 partite da giocare, tutte oggettivamente difficili, in particolare per noi e per la nostra endemica capacità di complicare le cose.
Capello probabilmente dovette fare del lavoro supplementare per tenere alta la concentrazione, perché, se si esclude la passerella di Bari e la partita del 17 giugno, che è un capitolo a parte, in ognuna delle altre partite, trovammo delle difficoltà.
Ricordiamo infatti Roma-Atalanta, decisa, manco a dirlo, da un goal nella ripresa di Vincenzo Montella, e quel Roma-Milan, partita complicatasi terribilmente dopo il vantaggio rossonero di Coco, pareggiata poi sempre dall’aeroplanino.
Poi ci fu la trasferta di Napoli che avrebbe potuto sancire la matematica certezza dello scudetto. Ma purtroppo fu “piazzato” il solito “megaschermo” in città, per chi non poteva partecipare alla trasferta e per motivi di ordine pubblico.
Cosa c’entra questo? Lo sappiamo cosa significano i “megaschermi” per noi. Non avevano mai portato fortuna, e già dall’arrivo della conferma che ci sarebbe stato un “megaschermo” a Roma, sapevamo come sarebbe andata a finire a Napoli.
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A parte gli scherzi, la scaramanzia e i corsi e ricorsi storici, il Napoli praticamente condannato alla retrocessione in serie B, pareggiò con una punizione non irresistibile di Pecchia. Finì 2-2 e furono vanificati i goal di Batistuta e Totti. Festa rimandata.
La delusione in città era palpabile. La vittoria finale era considerata ineluttabile e forse la troppa attesa, dopo un campionato intero passato in testa alla classifica, creava una sorta di “sottile” paura di non farcela anche stavolta, cosa che non ci faceva dormire sonni tranquilli.
Ma quella settimana, vissuta in quel modo, alla fine ci aveva “caricato“. Il resto è storia. L’entrata in campo, la “marea” giallorossa sugli spalti, la formazione letta da Carlo Zampa. I volti tirati dei tifosi in tribuna, i tanti vip, in particolare Niels Liedholm, allenatore del secondo scudetto, in un ideale passaggio di consegne con Fabio Capello.
La partita era insidiosa, per i motivi già citati, ma la Roma, la vinse proprio con un positivo approccio nervoso. Si capiva dalla forza con cui Totti scagliò in rete quell’assist di Candela. Si vedeva dalla rabbia con cui Batistuta cercava il goal personale, propiziando, di fatto, il raddoppio di Montella.
Si notava dalla veemenza con la quale il “Puma” Emerson fermò a metà campo proprio Almeyda, “zittendolo“, con un gesto eloquente, dopo il fischio finale del primo tempo. Nel secondo tempo “Batigol” il goal tanto cercato lo trovò, e a quel punto la festa poteva cominciare, ma a volte riusciamo a complicare anche queste situazioni.
I tifosi cominciarono ad entrare in campo. Mister Capello impazzì di rabbia e paura. La parte del tifo che ben conosce queste situazioni, e che ha sempre paura delle sorprese negative, teme in quel momento il disastro. Ma per fortuna, anche se a fatica, la situazione venne ricomposta.
Gli ultimi 5 minuti furono “giocati“, tra tante virgolette, e non ci si rese nemmeno conto del goal di Marco Di Vaio. Il fischio finale di Braschi arrivò con qualche secondo d’anticipo. Era fatta davvero. Roma Campione.
Lo stadio Olimpico era un tripudio di colori giallorossi. Molto presto lo sarebbe stata tutta la città. 18 anni dopo la Roma di Viola, Liedholm, Falcao, Di Bartolomei e Pruzzo, quella di Sensi, Capello, Totti, Montella e Batistuta era di nuovo Campione d’Italia.
Sono passati 19 anni dal giorno del terzo scudetto, vinto, come detto, dopo 18 anni da quello del 1983. L’auspicio è di non arrivare ai numeri del secondo scudetto, quando l’attesa durò ben 41 anni. Forza Roma.
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